Mandolone: storia, caratteristiche e suono

Mandolone - Collezione del Museo degli Strumenti Musicali - Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco, Milano (MI)

Come molti strumenti antichi anche il mandolone, quasi esclusivo della tradizione napoletana, ha subito un progressivo e inesorabile declino. Questo perché i brani scritti per i suoi esecutori sono pochissimi e non attribuibili in maniera univoca.

La quasi totalità delle trascrizioni antiche per mandolone sono sempre parte di arrangiamenti fatti per le orchestre di mandolini e quindi la versione basso della mandola non è di fatto considerata un cordofono indipendente.

Storicamente questo strumento nasce soltanto per riempire e vivacizzare un po’ lo spettro sonoro nella musica napoletana e come risposta alle crescenti richieste di volume e complessità del periodo.

Anche durante la fase di massimo splendore di questo strumento, peraltro del tutto secondario, il mandolone ha avuto pochi seguaci persino nella tradizione colta partenopea e in quella popolare.

Spesso i musicisti professionisti e gli amatori, salvo rare eccezioni, hanno preferito strumenti con una struttura più classica, tradizionale o comoda oppure di adattare gli arrangiamenti per mandoloncello.

Si tratta di una stravagante via di mezzo, intermedia tra mandolino e violoncello come timbrica, ma con una storia molto più fortunata, ancora parte degli strumenti usati in orchestra.


La storia del mandolone


Il mandolone a una prima analisi è molto simile al mandolino, anche se di dimensioni enormemente superiori, con una sagoma che solo da davanti ricorda quella dello strumento solista principe, ma che vista di lato è differente sotto molti aspetti.

Infatti, la caratteristica più vistosa è legata a questioni di manovrabilità, perché il mandolone è piatto sul fondo e si presenta con un manico e una tastiera differenti rispetto ai mandolini e alle mandole.

Di fatto si tratta di un complemento di orchestra che all’inizio della sua storia era destinato quasi soltanto a coprire la gamma dei bassi ed è stato creato intorno al XVIII secolo.

Questo strumento non ha un’ampiezza di spettro sonoro buona come quello del mandoloncello e neanche la sua versatilità, ma veniva comunque utilizzato per arricchire le composizioni partenopee fino alla sua pressoché totale scomparsa nel XIX secolo.

Da quanto risulta dagli studi e dalle ricostruzioni, è sempre stato uno strumento con molte difficoltà e che non incontrava la simpatia degli esecutori a causa delle sue proporzioni ingombranti.

C’è anche da aggiungere il fatto che, oltre ad avere un’estensione decisamente minore rispetto al mandoloncello, il mandolone aveva un volume più basso, quindi non era concepito per lavorare da solo, rendendo complicata la formazione dell’orchestra.

Non era neanche adatto per essere accoppiato a viole, violoncelli e violini, sia per questioni di resa stilistica sia acustiche, perché le loro caratteristiche costruttive stavano diventando sempre più raffinate con un suono più forte, definito e ben distinguibile.

Ci sono poche notizie sull’effettiva natura del mandolone in epoca storica. Nel loro momento di massimo splendore questi strumenti sono sempre stati abbastanza rari e gli esemplari rimasti non sono tantissimi. A rendere più difficile una ricostruzione affidabile c’è il fatto che molti esperti non concordano sull’attribuzione del nome.

Persino sulla loro accordatura gli storici della musica non sono pienamente concordi, anche se successivamente nelle nuove versioni e nei brevi ritorni in auge la situazione si è stabilizzata su scale armoniche di quarta e di quinta che riflettono le tendenze dei tempi in cui è stato riproposto dai liutai.

Le fonti antiche sono poche e frammentarie, ma le più affidabili parlano di una sonorità simile a quella di un liuto suonato col plettro, però questa notizia fa riferimento nello specifico al caso del mandolone romano a quattro portate.

Alcuni, visto che la musica che in teoria dovrebbe essere stata scritta per questo strumento non corrisponde per scale, hanno posto molti dubbi sull’attendibilità della fonte.

Questo fa sospettare che gli autori chiamassero mandolone strumenti differenti e che non ci fosse quindi univocità della definizione.

Ad esempio alcune timbriche si trovavano a cavallo tra quelle del mandoloncello o del basso e gli esperti concordano in generale che il nome potesse variare considerevolmente con denominazioni come liuto cantabile, arciliuto e mandobasso, rendendo sostanzialmente impossibile rintracciare lo strumento nella sua forma definitiva in letteratura musicale.

Addirittura in alcuni testi viene riportato con il nome di chitarra e caratterizzato da 12 corde, il che impedisce una distinzione sicura degli strumenti storici.

Più di recente nel corso dell’800 il mandolone è tornato a essere presente come elemento nelle orchestre di mandolini e il canone attuale è quello di uno strumento a fondo piatto, di dimensioni nettamente superiori rispetto al liuto e che monta solo quattro corde di grande diametro, accordate in quarte.

Forma e accordature del mandolone


La maggior parte degli strumenti antichi e di quelli ricostruiti di recente si caratterizza per la cassa armonica più gonfia rispetto al mandolino e la tavola che forma un angolo ottuso all’incirca all’altezza del ponticello. Inoltre le caviglie o piroli spesso sono infilate nella paletta non dai due lati ma da tergo.

La scalatura è in quarte, se si prende a riferimento la più tipica fra quelle ricostruite dagli esperti, ossia LA, RE, SOL, DO. Questo anche se spesso il mandolone si trova suonato con un’accordatura in quinte in alcune orchestre moderne e di ricostruzione storica, per esigenze di estensione.

Però è forse la presenza di una scala così ampia su uno strumento con un manico troppo grande la vera responsabile del declino dell’interesse nei suoi confronti sia da parte degli esecutori sia dei compositori.

Infatti la tastiera è più lunga rispetto al liuto e al mandoloncello e questo comporta non poche difficoltà per la mano che può trovarsi a dover fare contorsioni insostenibili durante le esecuzioni se viene suonato come basso per mandolini e altri strumenti simili a cui viene solitamente abbinato.

SUono del mandolone – Video di Dante Guzman

Sempre col nome di mandolone viene riportato un altro strumento con la stessa conformazione e che ricorda vagamente il liuto moderno e quello arabo, ma con le corde accordate non in coppia ma individualmente secondo uno schema che è RE, MI, FA, SI, MI, SOL, FA.

Le versioni moderne del mandolone, che in realtà sono derivate sotto alcuni aspetti costruttivi e timbrici dalla bandura e dal liuto, presentano un manico molto largo e particolarmente lungo, con corde grandi che richiedono parecchia forza per essere suonate.

Lo strumento deve essere imbracciato tenendo la cassa armonica tra le gambe da seduti, con l’impostazione simile a quella della chitarra classica.

A differenza del mandolino che consente alla mano di muoversi molto rapidamente, per questo strumento si preferisce un’esecuzione più lenta impiegando un plettro tenuto tra pollice e indice con cui si percorrono le corde con un gioco di polso.

Esecuzione live mondolone – video di AOBAMANDOLIN

È possibile applicare la tecnica del tremolo, esattamente come negli altri appartenenti alla famiglia dei mandolini, ma l’inerzia delle corde rende piuttosto difficile un’esecuzione continuativa e quindi di solito si preferisce un toccato più veloce e staccato, anche per lasciare tempo alle note di svilupparsi correttamente.

Sotto tanti aspetti simile al liuto della tradizione araba e berbera, il suono è asciutto e meno grave rispetto ai bassi tradizionali, perché deve competere con i mandolini nelle orchestre che hanno un tono squillante, molto ricco in attacco e con uno spettro sonoro abbastanza ristretto.

Per quanto riguarda il manico il mandolone non ha un numero stabilito con certezza di tasti. Si ritiene che in molti esemplari potesse seguire la stessa suddivisione del mandolino, che ne ha un numero che va da 17 a 29, ma mancando completamente di fonti affidabili e univoche, queste sono soltanto speculazioni.

Differenze rispetto al liuto

La famiglia delle mandole presenta molti strumenti più o meno simili fra loro che comprendono il mandolino, quello più famoso in assoluto, e la mandola propriamente detta.

Ci sono poi il mandolino tenore, anche chiamato mandoloncello, diffuso in particolare in Italia, e infine il mandolone, un strumento che deriva direttamente dal liuto ed è stato riadattato per ultimo per allinearsi alle caratteristiche degli altri. Non è cioè un grosso mandolino, ma tecnicamente un liuto modificato.

Le principali caratteristiche per cui gli strumenti della famiglia delle mandole si allontanano da quella dei liuti, sono la cassa armonica più rigonfia, la tavola piegata che forma un angolo ottuso piuttosto pronunciato, circa all’altezza del ponticello, un manico che si presenta in generale più corto e la posizione delle caviglie messe da tergo e non dai lati, come in molti strumenti dell’epoca.

Più caratteristico invece è il modo con cui le mandole vengono suonate, cioè con la tecnica del tremolo a plettro. Le note sono ribattute, spesso con continuità e senza sollevare le dita, facendo scorrere da una posizione all’altra i polpastrelli.

Per il liuto, invece, si impiega la mano destra per pizzicare le note e ci sono frequenti stacchi e continuità di suono ottenuta col sostenuto a corda libera.

Il suono del mandolone e la sua tecnica esecutiva variano molto a seconda del musicista e della composizione, ma se si prende a riferimento la tradizione napoletana, si possono trovare parti accentate in rinforzo della melodia, alternate a semplici bassi lineari.