Mandoloncello: storia, caratteristiche, suono e come si suona

Mandoloncello - Jim Hutcheson

Il mandoloncello, anche chiamato liuto moderno e cantabile, mandocello nei paesi di lingua anglosassone, viene spesso riproposto per la sua semplicità di utilizzo e la bella timbrica, in grado di attirare anche l’attenzione dei chitarristi in cerca di qualcosa di più sperimentale del solito.

È più grande del mandolino e rappresenta il baritono della famiglia, anche se c’è da citare il mandolone, quasi completamente perduto che copriva lo spettro basso. Presenta 8 corde a corsi accoppiati che per tradizione suonano all’unisono due a due.

In generale viene utilizzata un’accordatura in quinte sulla falsariga del mandolino, ma per via della scalatura si inizia con DO2. Come collocamento in orchestra il mandoloncello rappresenta un ruolo equivalente al violoncello per le viole.

Costruzione e forma del mandoloncello

La forma del mandoloncello riprende sotto quasi tutti gli aspetti, a parte le dimensioni, quella del mandolino. Può avere un corpo a scodella con il fondo piatto, per gli esemplari che riprendono la scuola Vinaccia, attiva nel XVIII secolo, mentre quelli più moderni degli inizi del XX secolo si rifanno al progetto della Gibson Guitar Corporation.

Questa li produceva a fondo piatto e tavola arcuata per il mercato statunitense. La scala dei mandoloncelli Gibson è di circa 62,87 cm, mentre quelli Vega sono lunghi 68,58 cm. Se ne trovano anche di più corti, circa 57 cm.

Anche il telaio interno, il rinforzo, ricalca quello del mandolino. Le versioni attuali impiegano una catena a X, mentre quelli Gibson nella maggior parte degli esemplari hanno un’unica barra trasversale che si trova sulla parte superiore della tavola, appena al di sotto della buca, che è ovale.

Molti esemplari, però, copiando le forme tipiche dei violini per questioni estetiche, al posto della bocca ovale ne preferiscono una coppia a f, con una differenza di suono poco significativa.

Per quanto riguarda la tastatura, la regola vuole tra 18 e 22 posizioni, ma gli strumenti a campana per concerto possono averne anche di più per consentire ai virtuosi di raggiungere i registri superiori in maniera da poter eseguire parti solistiche.

Questa tendenza è legata anche alla diffusione del mandoloncello nel settore dei chitarristi, che hanno fatto richiesta molto spesso ai liutai di strumenti che risultino loro più familiari, se non addirittura elettrificati.


Disposizione delle corde nel mandoloncello

Il mandoloncello ha quattro corsi, ognuno dei quali presenta due corde. Siccome il calibro è notevole capita non di rado che negli strumenti preparati per il folk venga rimossa una delle corde di DO, perché altrimenti c’è il rischio di avere un tintinnio durante le esecuzioni in fortissimo.

Per non perdere l’effetto tipico delle mandole, altri invece scelgono di impostare la caratura delle mute su tipologie più sottili che permettono loro di non avere fastidio durante le esecuzioni più intense.

Sono stati sperimentati anche molti esemplari di mandoloncelli con una coppia addizionale di corde, per un totale di 5 ordini, con l’aggiunta di uno sopra il più alto, per favorire una migliore espressività dei solisti e dei virtuosi dello strumento.

In questo caso si tende a parlare di liuto cantabile o moderno per distinguerlo dallo strumento principale, però restano appartenenti alla famiglia delle mandole per via delle caratteristiche costruttive ed espressive.

Storia del mandoloncello

Questo strumento si è sviluppato in Europa evolvendosi in Italia dalla famiglia dei liuti. Fa la sua comparsa all’incirca nel XVII-XIX secolo, ma la forma a scodella tipica della cultura musicale e della tradizione partenopea si stabilizza nel XVIII secolo.

Particolarmente importante dal punto di vista storico sono i primi musicisti che viaggiando per l’Europa hanno fatto conoscere la famiglia delle mandole e di conseguenza anche il mandoloncello con le moderne corde in metallo, piuttosto rivoluzionario per l’epoca.

Da citare Giovan Battista Gervasio, Pietro Denis e Gabriele Leone che nell’arco di tempo che va dal 1750 al 1810 hanno calcato molti palchi e si sono esibiti in diversi importanti salotti, portando con sé il modo diverso di arrangiare i brani consentito dalle tecniche del tremolo.

Dagli archivi della famiglia napoletana di liutai Vinaccia provengono molti documenti dell’epoca che hanno spinto gli storici della musica a ritenere in maniera univoca che la fonte dei primi esemplari e della formalizzazione dello strumento mandoloncello sia proprio da ricondurre alla loro bottega.

Nel tardo barocco le formazioni da camera di mandolini sono diventate particolarmente popolari negli ambienti napoletani e campani in generale. In questo periodo fanno la loro comparsa diversi strumenti creati sulla falsariga del solista per completare lo spettro sonoro e consentire la creazione di formazioni che potessero competere con gli archi.

Si parla spesso del mandolone, uno strumento attualmente dimenticato, che è stato recuperato in modo insoddisfacente dagli studiosi, ma su cui è aperto ancora un grosso dibattito. Aveva un’accordatura in quarti, LA2-DO3-SOL3-DO4, e grandi corde rivestite particolarmente pesanti.

È proprio da questo rudimentale strumento basso che si fa derivare la forma del mandoloncello, molto più fortunato perché più comodo e leggero. Il periodo di massimo splendore di questi strumenti è quello che va tra il 1750 e il 1825, ma dopo il 1815 in musicologia si ritiene terminato il momento colto dei questi cordofoni.

Questo diventa lo strumento popolare partenopeo per eccellenza mentre il mandolone scompare quasi completamente, lasciando pochissimi esemplari poco omogenei che rendono difficile una classificazione.

Fuori dall’Italia la mandola era diventato uno strumento quasi sconosciuto, ma c’era una pressante richiesta di novità e durante l’esposizione di Parigi del 1878 furono presentati nuovi esemplari che dettero una spinta importante al settore, risvegliando l’attenzione dei compositori e degli esecutori.

Vinaccia oltre a stabilizzare il mandolino concepì, nel 1835 circa, il mandoloncello derivandolo dal mandolone, ma con una timbrica meno squillante e acuta del mandolino e riducendo la gamma sonora.

Il mandoloncello napoletano dette il colpo di grazia ai pochissimi mandoloni sopravvissuti, diventando lo strumento preferito da chi nell’orchestra doveva coprire le basse.

Il ritorno in auge dei mandolini e dei mandoloncelli è legato anche all’Estudiantina Figaro di Madrid a cui poi si allinearono anche molti musicisti italiani, che sono poi quelli che hanno esportato lo strumento negli Stati Uniti verso il 1880. Qua lo strumento ebbe un successo incredibile.

Gibson colse l’occasione per introdurre i suoi modelli di mandoloncello moderno, dotati di fondi e piani arcuati e da quel momento il successo dello strumento ha avuto fortune alterne, senza però mai scomparire completamente, restando sempre un elemento chiave di molte orchestre, soprattutto quelle italo-americane.

Gamma e accordatura

L’accordatura del mandoloncello prevede quattro corsi di corde accoppiate con la stessa intonazione, DO2-DO2, SOL2-SOL2, RE3-RE3, LA3-LA3 come il violoncello.

Ha un’estensione di circa 3-1/2 ottave, dipendente dai tasti: con 18 tasti 2 ottave sotto il DO centrale e fino al MIb5, mentre in quelle a 24 tasti si arriva al LA5. Nelle versioni con 10 corde accoppiate si aggiunge ½ ottava superiore con toni da E4 fino a E6.

Impiego in orchestra

Il mandoloncello viene principalmente utilizzato nelle orchestre di mandolini e nei quartetti dove ricopre un ruolo analogo al violoncello, sia dal punto di vista del basso che del melodico.

In alcuni casi è impiegato anche come strumento solista, di solito in arrangiamenti di brani scritti per violoncello solo. Sono stati scritti dal compositore Raffaele Calace pezzi per liuto cantabile all’inizio del XX secolo.

SUONO DEL MANDOLONCELLO – VIDEO di V.Beer-Demander

Notevoli sono anche le composizioni proposte alla Classical Mandolin Society Convention a Santa Rosa nel 2018 dal Dr. James Imhoff, uno dei massimi esperti dello strumento e che ha contribuito a riqualificarlo introducendo nuovi compositori di Stati Uniti, Australia, Germania e Regno Unito.

Spesso si trova il mandoloncello utilizzato nel folk moderno, nella musica celtica e nel bluegrass dove si impiega la versione a fondo piatto. Il suono non è particolarmente brillante e scompare per importanza di fronte ad altri strumenti come il mandolino.

Raffaele Calace, che è l’autore del primo metodo specifico per liuto cantabile, fu un esecutore di mandoloncello importante e ha contribuito sotto diversi aspetti a ottimizzare, insieme alla famiglia Vinaccia, la forma dello strumento nel periodo di tempo a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

Il mandoloncello nella musica contemporanea

Suonato principalmente con il plettro e con la tecnica del tremolo, anche se con un’intensità minore rispetto al mandolino, visto che deve coprire lo spettro basso, il mandoloncello trova spazio in composizioni moderne, ad esempio quelle eseguite da Stanley Greenthal, Carlo Alonso o David Grisman.

Nella musica moderna da citare Steve Knightley degli inglesi Show of Hands, dediti al folk rock, e Ryan Delahoussaye degli americani Blue October, con uno strumento più somigliante a una chitarra dal punto di vista dell’arrangiamento.

Si trovano parti sovraincise di mandoloncello anche in Birdland dei Weather Report di Jaco Pastorius e nell’album acustico This Left Feels Right dei Bon Jovi, eseguite da Richie Sambora sul pezzo Lay Your Hands on Me.

Quanto costa un mandoloncello

I prezzi di un mandoloncello possono variare molto, e come in ogni strumento il liutaio e i materiali utilizzati possono fare la differenza.

Si può quindi acquistare un mandoloncello a partire da circa 500€ per arrivare a qualche migliaio di euro.