Piva: storia e suono della cornamusa emiliana

Piva emiliana - source edmu.fr

Il termine piva è utilizzato in alcune regioni italiane per indicare un tipo particolare di cornamusa. In certi casi può essere accostato alla zampogna oppure all’insieme di pifferi dei quali è composta.
Questo strumento è tipico dell’Emilia Romagna, specialmente delle zone appenniniche in provincia di Parma e Piacenza nelle valli del Nure e dell’Arda.

Storia e utilizzo

La piva ha una storia molto antica. Le prime testimonianze sull’utilizzo di questo strumento musicale risalgono al 1200 D.C. Si diffuse inizialmente sull’Appennino tosco-emiliano, in particolare sul versante della provincia di Parma. Il suo nome trae origine dall’omonima danza, che si è sviluppata qualche secolo prima nelle stesse zone. La piva veniva infatti usata per accompagnare i ballerini durante le feste. I primi a utilizzare questo strumento furono i musicisti itineranti che girovagavano tra i vari paesi della zona suonando melodie allegre e gioiose nelle sagre di paese o ai matrimoni.

Fino al rinascimento lo scopo della piva rimase sostanzialmente invariato. Da questo momento in poi però ci fu un drastico cambiamento, da oggetto popolare divenne uno strumento utilizzato nelle corti delle famiglie aristocratiche dell’Italia centrale. Questo cambiamento è in parte dovuto anche al nuovo ruolo che i musicisti assumono in questo periodo storico. Vengono infatti assunti a corte e pagati dai propri padroni per suonare durante i banchetti e le feste del palazzo.

Nei secoli successivi si è vista una progressiva diminuzione della popolarità della piva, fino a diventare un oggetto conosciuto e usato solamente nelle zone in cui ha avuto origine.
I motivi dell’abbandono sono tanti. Innanzitutto è uno strumento difficile da accordare e da conservare perché necessita di molta manutenzione. Per cui se non la si usa spesso non è conveniente averne una. Anche la sua tonalità fissa non è un punto a favore. Non si adatta bene alle nuove esigenze musicali che sono nate dalla prima guerra mondiale. Sono poi comparsi alcuni strumenti più comodi come la fisarmonica, che consente di suonare molte più note e ha quindi un’estensione musicale più vasta. Gli ultimi due fattori che hanno portato la piva alla scomparsa sono di carattere sociale. Il primo è lo spopolamento delle zone appenniniche verso le grandi città, mentre il secondo è una progressiva perdita di interesse da parte dei più giovani verso la cultura e le tradizioni locali.

A partire dalla seconda guerra mondiale in poi l’utilizzo di questo strumento è diminuito drasticamente anche nelle zone in cui era più diffuso.

Per non perdere questa tradizione regionale è cominciato un vero e proprio recupero a partire dagli anni Ottanta del Novecento. Alcuni gruppi musicali ubicati in provincia di Modena hanno iniziato a suonare nuovamente la piva, in modo da non far cadere nel dimenticatoio questo splendido strumento musicale.

Da allora sono state restaurate e fabbricate nuove pive, utilizzate molto spesso nelle feste cittadine per accompagnare nelle danze.

Parti dello strumento

La parte principale della piva è un otre di pelle che funge da serbatoio dell’aria. Può essere di varie dimensioni a seconda della grandezza dello strumento, proprio come in una cornamusa. Inserite all’interno di questo involucro sono presenti alcune canne. La principale è dotata di fori digitali, e prende il nome di chanter o s-cella nel dialetto regionale. Un’altra è detta insufflatore e serve per poter soffiare l’aria all’interno.

A completare la piva ci sono le ultime due canne di bordone, chiamate maggiore e minore.
Il materiale dell’otre è la pelle conciata, ricavata molto spesso da un capretto. Viene cucita in modo da diventare un serbatoio e trattenere l’aria. Vengono infine praticati dei fori per inserire le canne ed effettuato un taglio per l’insufflatore. Esaminiamo separatamente ogni canna per capirne l’utilizzo.

  • Chanter: realizzato ad ancia doppia, è spesso fabbricato a partire da un unico pezzo di legno lavorato e intagliato a mano. Dopo un passaggio al tornio, vengono realizzati sette fori sulla parte anteriore e due su quella posteriore, che possono essere chiusi, aperti o semichiusi con le dita proprio come in un flauto. Il foro per il mignolo è in realtà doppio inizialmente, in modo che lo strumento possa essere comodamente suonato sia da mancini che da destrorsi senza sforzarsi troppo. La parte di apertura non necessaria si può tappare con della cera fusa. Possono essere realizzati anche altri fori chiusi, chiamati di intonazione.
  • Bordone minore: questa canna ad ancia semplice viene tenuta appoggiata all’avambraccio mentre si sta suonando lo strumento. A differenza della precedente, è spesso realizzata a partire da due pezzi di legno, entrambi lavorati al tornio e intagliati a mano. Per quanto riguarda il suono prodotto è inferiore di un’ottava rispetto alla nota più grave realizzabile con il chanter.
  • Bordone maggiore: anche in questo caso è ad ancia semplice, realizzato però in tre pezzi. Il suono è ancora inferiore, precisamente di due ottave rispetto alla nota più grave del chanter. A differenza del bordone minore, mentre si suona la piva questa canna va tenuta appoggiata sulla spalla.
  • Insufflatore: questa è la canna attraverso la quale il musicista soffia aria all’interno dell’otre. È molto più semplice rispetto alle altre perché non richiede particolari lavorazioni per essere realizzata.

Come già accennato, i bordoni e il chanter possono essere costituiti da uno, due o tre pezzi distinti. A cosa è dovuta questa differenza? Se un bordone è realizzato in più parti può essere accordato prima di iniziare a suonare. Il processo è molto semplice, basta infatti far scivolare i singoli segmenti tra di loro così da rendere il bordone più o meno lungo. In questo modo il suono prodotto varia leggermente e un buon musicista può accordare lo strumento.

Piva suonata da Giuseppe del bianco

Materiali

I materiali utilizzati per la costruzione della piva sono due, la pelle per la sacca e il legno per le canne. Anticamente si usava quella di capra, anche se al giorno d’oggi viene preferito il vitello. Gli strumenti più moderni ed economici utilizzano invece pelli sintetiche, che però non garantiscono il suono caratteristico tipico della tradizione.
Per le canne si utilizza il legno di bosso, dal colore chiaro e dall’elevata resistenza, quello di sorbo, un po’ più morbido e con una sonorità leggermente inferiore, il pero o il ciliegio.

Come si suona

Essendo la piva uno strumento che appartiene alla famiglia delle cornamuse, per suonarla al meglio è essenziale gestire correttamente la pressione dentro la sacca. Si aumenta soffiando aria dall’insufflatore, che uscendo poi dalle canne mette in vibrazione le ance. Il musicista deve essere abile a gestire la quantità immessa dentro rispetto a quella espulsa facendo pressione con il braccio sulla sacca. I due bordoni, come già accennato, hanno un’ancia singola. Per questo motivo il loro funzionamento è paragonabile a quello di un clarinetto o di un sassofono. Emettono un suono fisso, ovvero l’ottava nota di sol, che serve ad accompagnare la melodia suonata con il chanter. Quest’ultimo ha invece un’ancia doppia, come un oboe, ed è la canna con la quale il musicista esegue la melodia chiudendo o tenendo aperti i fori. Tenendoli chiusi tutti la canna emette un fa diesis. Le note che si ottengono aprendo via via ogni foro sono: sol, la, si bemolle, si, do, re, mi bemolle, mi, fa, fa diesis, sol e la.

Si può anche decidere di far suonare singolarmente i bordoni o il chanter gestendo la pressione dell’aria nella sacca in modo opportuno.
La piva può essere suonata da sola o con altri strumenti. Anticamente non veniva accompagnata, anche se era comune vederne suonare diverse insieme. Lo strumento che si presta maggiormente a duettare con la piva è il piffero. Di fatto è un antenato dell’oboe ed è costituito da una doppia ancia, come il chanter. È nato nello stesso periodo e nelle stesse zone della piva, per questo non è raro trovare testimonianze di melodie che contengono entrambi gli strumenti.

Sul web sono presenti molti filmati in cui si possono ammirare musicisti alle prese con la piva. Eccone alcuni: https://www.youtube.com/watch, v=PtwbALHsbQ4, https://www.youtube.com/watch?v=8Or4LSqr0Jw.

Proverbi e modi di dire

A molti sarà capitato di sentir dire la frase: ritornare con le pive nel sacco, oppure rimanere con le pive nel sacco. Questo modo di dire tipico dell’Emilia Romagna deriva proprio dall’omonimo strumento. Il significato è quello di una grande delusione o umiliazione a causa di qualcosa che si voleva ottenere ma non si è riusciti.

Significati nelle altre regioni

Il termine piva viene usato in altre regioni italiane oltre all’Emilia Romagna, anche se può assumere significati un po’ diversi. In alcune zone è un semplice sinonimo della cornamusa o della zampogna, mentre in altre indica il piffero. Infine, ci si può riferire alla piva come all’insieme di bordoni e chanter che compongono una cornamusa.