Chitarra elettrica: come è fatta e come funziona

Chitarra elettrica come è fatta - telecaster hollow body

La chitarra elettrica è forse lo strumento più famoso e conosciuto al mondo. Sin dai suoi primi prototipi risalenti agli anni ’30 del secolo scorso, la chitarra elettrica ha riscosso un successo enorme, sia per la sua grande innovazione ma anche e soprattutto per il suo stile e design.
Da Woodstock in poi, grazie ad alcuni dai più grandi musicisti della storia, è diventata poi l’icona assoluta della musica rock.

La chitarra elettrica è dal punto di vista organologico, appartenente alla famiglia dei cordofoni, si definiscono cordofoni tutti gli strumenti in grado di produrre suoni attraverso la vibrazione di uno o più corde, e sebbene l’elettronica non sia una componente accessoria di questo strumento, non è considerabile un elettrofono poiché il suono non è generato per via elettrica. Cosa intendiamo quando diciamo che la componente elettronica non è accessoria? Intendiamo che è intrinsecamente parte della chitarra elettrica perché partecipa imprescindibilmente all’emissione del suono. Entrando nello specifico, quello che noi ascoltatori sentiamo quando qualcuno suona una chitarra elettrica, non è infatti il suono acustico ma è il campo elettromagnetico generato dalle corde messe in vibrazione, che viene tradotto in un segnale elettrico e poi amplificato.

La chitarra elettrica è formata sostanzialmente dalle seguenti componenti: innanzitutto troviamo la paletta, anche detta cavigliera, nella quale sono poi locate le meccaniche o chiavette, fondamentali per poter accordare lo strumento poiché sono le parti che permettono alle corde di raggiungere la tensione desiderata. Ci sono alcune chitarre che non sono dotate di palette e il sistema di accordatura è affidato al ponte, ma si tratta di modelli molto particolari, decisamente lontani da quelli standard.

Dopo la paletta troviamo il manico, sul quale è posta la tastiera, la superficie dove è possibile premere una o più corde su determinati tasti, a seconda della nota che si vuole suonare. Anche in questo caso esistono chitarre sprovviste di tasti.
Successivamente abbiamo la cassa armonica o corpo della chitarra, a seconda della presenza più o meno rilevante delle cosiddette “camere tonali” si possono avere tre tipi differenti: le solid body, le semi-hollow e le hollow-body.

Quelle più diffuse e comuni sono le solid body, così definite poiché non possiedono una cassa di risonanza, ma un corpo di legno pieno.
Le Hollow-Body, o semiacustiche, sono invece quelle chitarre elettriche che presentano una parte o tutto il corpo vuoto, con uno o due tradizionali fori di risonanza posti ai lati delle corde, similarmente a quanto avviene anche per i violini.
Le semi-hollow sono il frutto della ricerca di un compromesso tra le semiacustiche e le solid body. Le semi-hollow sono dotate di un corpo di minore spessore in cui, al posto di un’unica cassa, sono presenti due casse di minor entità ai lati, con la parte centrale del corpo che è invece in legno pieno, come avviene anche nel caso delle Solid Body. Vista la loro particolare composizione, sono spesso costituite da due o tre pezzi incollati tra loro.

Riprendendo la descrizione fisica della chitarra elettrica, dopo il corpo troviamo il ponte, un dispositivo necessario per agganciare e sostenere le corde permettendo a queste di vibrare per produrre i suono. Il ponte nelle chitarre elettriche può essere fisso oppure tremolo, quest’ultimo permette a colui che utilizza la chitarra, di variare temporaneamente la tensione delle corde, premendo e rilasciando una leva meccanica, ottenendo così il classico effetto vibrato.
Infine, abbiamo uno o più pick-up magnetici, tendenzialmente a bobina singola o a bobina doppia, quindi single coil o humbucker. Esistono chitarre che presentano addirittura entrambe le tipologie di pick-up.

I pickup magnetici sono a dir poco fondamentali nel funzionamento di una chitarra elettrica: se in una chitarra acustica, la sollecitazione delle corde induce una vibrazione della cassa di risonanza dello strumento, in una chitarra elettrica, sono invece i pick-up che generano un campo magnetico in prossimità della corda. Ora, le oscillazioni di questo campo magnetico creano una variazione di flusso attraverso le bobine, singole o doppie che siano, intorno al pick-up. A questo punto, si genera una corrente indotta all’interno di tali bobine. Il segnale elettrico, a questo punto, contiene le caratteristiche della vibrazione della corda in termini di frequenza e ampiezza, ma è troppo debole per essere udibile attraverso semplici altoparlanti: viene quindi inviato ad un amplificatore, e solamente dopo questa fase di amplificazione del suono, viene inviato a degli altoparlanti che trasformano il segnale elettrico sopra citato, in un segnale sonoro udibile per l’orecchio umano. Quando si fa riferimento a un amplificatore che invia il segnale elettrico amplificato a un altoparlante, non si deve necessariamente pensare a due dispositivi differenti ma semplicemente a due fasi della “lavorazione” del suono diverse.

Nel linguaggio comune, il dispositivo unico che si occupa di questi due differenti momenti è solo uno ed è appunto, l’amplificatore. Alcuni di questi dispositivi permettono inoltre la possibilità di alterare con determinati effetti le caratteristiche del segnale elettrico, così da modificare anche il suono conseguente.
Visto il suo funzionamento dunque, una chitarra elettrica non necessita di una cassa di risonanza. In alcuni modelli è comunque presente ma, come detto, non è essenziale al suo funzionamento.

Nella produzione di una chitarra elettrica è molto importante la scelta dei materiali e dei legni, sia per quanto riguarda il corpo, sia per quanto concerne invece la tastiera e il manico. Un legno pregiato e privo di nodi, conferisce chiaramente una qualità complessiva più elevata. Per la produzione delle moderne chitarre elettriche, i tre legni più utilizzati nella realizzazione delle tastiere sono il palissandro, l’ebano e l’acero, mentre per il corpo si è soliti prediligere l’ontano e il mogano, quest’ultimo è spesso utilizzato poi anche per il manico. La ricerca e l’innovazione sta sperimentando però anche nuovi materiali, in particolar modo, tra cui ad esempio il plexiglas.
Altrettanto importanti sono i componenti tecnici aggiunti, dal ponte al bloccacorde, passando per il tremolo e arrivare fino ai pick-up magnetici.

Non sono poi da ignorare altri due fattori di grande rilievo, il bilanciamento, cioè la capacità dello strumento di essere “indossato” in maniera confortevole dal chitarrista e la verniciatura. Lo stile, l’estetica e il design sono infatti veri e propri pilastri del grande successo commerciale e popolare delle chitarre elettriche. Una delle verniciature più celebri è quella definita sunburst, così detta poiché la fascia esterna è quella sempre più accesa, mentre il centro è più sfumato. E’ una verniciatura senza dubbio di grande impatto e molto bella visivamente, ma anche per questo è più costosa di una classica verniciatura monocolore.