Il clavicordo, dalle origini ad oggi

Clavicordo - Museo dell'arte Metropolitan New York

Nel corso della storia l’evoluzione della musica è stata costante e ricca di novità. Tra gli strumenti musicali più amati e utilizzati figura sicuramente il pianoforte, ormai diventato una fonte inesauribile di melodie per ogni tipologia di genere musicale.

Non tutti sono a conoscenza del fatto che il pianoforte ha degli antenati altrettanto importanti, come il clavicordo, di cui andremo ad analizzare caratteristiche e modalità per poterlo suonare nel migliore dei modi.

Cos’è il clavicordo

I musicisti e gli appassionati che scelgono il clavicordo, o clavicordio, si affidano a uno strumento musicale a corde dotato di una piccola tastiera. I primi modelli, come li si conosce oggi, che hanno fatto la storia della musica risalgono al panorama europeo che ricopre l’arco temporale dal XIV al XVII secolo.

Entrando più nel dettaglio di cosa sia il clavicordo, si sottolinea come questo strumento musicale sia composto da una tastiera molto piccola, in cui le corde vengono colpite da tangenti metalliche, a differenza del pianoforte che necessita di percosse o del clavicembalo che si caratterizza per le pizzicate sulle corde.

Il clavicordo, in confronto al clavicembalo e al pianoforte, consente di agire sui suoni successivamente alla loro produzione; infatti, è l’effetto vibrato (denominato Bebung) una delle sue caratteristiche più celebri.

Video di Maurizio Alberani

Come è fatto

Durante la storia della musica questo strumento è cambiato, ma nelle linee principali e nella struttura dalla fine del XVI secolo si presenta con poche modifiche e un
design ben riconoscibile. Il clavicordo è molto simile a un pianoforte, ma dalle dimensioni notevolmente inferiori, queste riducono sia lo spazio a disposizione del musicista sia le funzioni canoniche. Questo strumento presenta una struttura rettangolare alzata da terra da quattro gambe, usualmente in legno, su cui vengono posizionati tutti gli elementi necessari per generare musica. Nello specifico si caratterizza di 6 componenti principali:

  1. Lo strumento vero e proprio viene legato con tre oppure quattro tangenti per coppia di corde. Questa disposizione dona anche una forma particolare alla parte superiore dello strumento.
  2. Il clavicordo presenta una tastiera con tre ottave, a cui si aggiunge una sesta, oppure anche quattro ottave, queste ultime usualmente C o F.
  3. Una buona parte di questo strumento musicale è composta da diversi ponticelli, che consentono l’interazione delle componenti principali.
  4. Un clavicordo è munito di corde parallele alla tastiera.
  5. Caratteristica evidente, che ne delinea anche l’estetica, è la tastiera sporgente rispetto alla cassa. L’intera struttura è divisa in due parti, sulla sinistra c’è la tastiera, dall’altra un piccolo rettangolo predisposto alle corde, anche se nei modelli più recenti, la tastiera ricopre tutta l’area principale.
  6. L’ultima sezione di un clavicordo è la cassa esterna, utilizzata per proteggere lo strumento.

Clavicordo, le sue origini

Definire la data di realizzazione del clavicordo non è assolutamente semplice, questo strumento musicale ha origini incerte e con molta probabilità è un’evoluzione del monocordo, strumento risalente a Pitagora e al VI secolo a.C. che lo impiegò nei suoi studi di acustica.

Il discendente diretto del clavicordo è sicuramente il pianoforte, infatti, non è difficile riscontrare un chiaro miglioramento, sia nella struttura principale che nella disposizione delle corde e della cassa di risonanza. Identificando il monocordo come precursore del clavicordo si possono definire alcune caratteristiche interessanti, come l’aggiunta di più corde e una tastiera che completa la struttura.

Il cambiamento da monocordo a clavicordo si ebbe probabilmente nel Trecento, ma solo nel Cinquecento si utilizzava periodicamente nelle composizioni musicali, senza però identificare il nome del suo inventore. Analizzando i reperti storici è possibile circoscrivere le origini del clavicordo tra l’anno 1000-1050, nella persona di Guido D’Arezzo. I testi riportano per la prima volta il termine clavicordo nel 1404, nel libro di Eberhard Cersne “Minne Regal”. Per quanto concerne la prima descrizione di questo strumento musicale invece, bisogna prendere come riferimento il 1440, quando Bernard Brauchli scrisse il trattato Arnaut de Zwolle.

Analizzando la parola clavicordo è possibile scomporla per trarne l’etimologia. Il termine clavi identifica i tasti, infatti, dal latino clavis ci si riferisce a quegli elementi utili per rappresentare le note musicali.

Nel percorso storico del clavicordo si ha una chiara evoluzione a partire dal XV secolo, quando viene definito come un vero e proprio strumento munito di 10 corde. Sebbene tale specifica possa sembrare di poco conto in realtà rendeva questo strumento musicale idoneo sia per la creazione di composizioni melodiche che armoniche, abbracciando gli organisti. Il grande successo del clavicordo è dovuto soprattutto alla sua capacità di abbassare i costi di produzione e all’utilizzo crescente da parte degli insegnanti di musica che potevano garantire ai propri studenti dei costi contenuti per le lezioni.

Il clavicordo più antico risale al 1543, realizzato da Domenico da Pesaro e conservato nel Museo degli strumenti musicali dell’Università Karl Marx di Lipsia. Nel XVI secolo questo strumento musicale trasformò la sua tastiera aggiungendone una cromata e ridimensionando le misure, attestandosi su una larghezza di 130 cm e una profondità di 30 cm.

Se storicamente il clavicordo è una chiara evoluzione del monocordo è interessante comprendere quale sia stato il passaggio da uno all’altro strumento. Il monocordo è caratterizzato da una sola corda, che viene tesa sopra la cassa di risonanza fra i due ponticelli, poggiata su un terzo ponticello che può essere spostato con facilità. Spostando il ponticello centrale si possono ottenere frequenze di suono diverse.

Come è facile dedurre, questa tipologia di strumento non è adatta a generare musica, la presenza di una sola corda permetteva di sperimentare le frequenze singole, ma non di creare una melodia. Ed è in questo momento che qualcuno ebbe l’idea di accostare più monocordi, in cui le tensioni delle corde erano identiche, mentre i ponticelli venivano fissati in modo da ottenere più di una nota.

Questa disposizione diede vita successivamente alle tre metodologie per generare i suoni: pizzico, percussione e sfregatura. Posizionando più monocordi si ottiene un salterio, quest’ultimo invece consente di ottenere più varianti a pizzico, come la lira, la cetra e l’arpa. Variante molto nota a pizzico è il clavicembalo, che collega a ogni tasto della tastiera un meccanismo che attiva la linguetta rigida che pizzica le corde presenti all’interno della struttura.

Il clavicordo è invece uno strumento musicale molto simile al pianoforte, ma che produce il suono percuotendo la corda. Tale processo avviene attraverso la tangente, o lama metallica, che viene posta all’estremità di ogni tasto. La lama percuotendo la corda in modo trasversale la divide in due parti, come se fosse un terzo ponticello, e genera il suono.

Clavicordo e il Bebung

Una delle caratteristiche più importanti del clavicordo è sicuramente il Bebung. Questo strumento musicale, come il pianoforte, presenta un sistema di scappamento, condizione che permette una vibrazione, ma in questo caso dovuta alla tangente: finché non viene rilasciato il tasto, rimane in contatto con la corda. Nel momento in cui si esercita una serie di pressioni consecutive mentre si tiene premuto il tasto, vengono a generarsi delle variazioni ritmiche, che si traducono in un effetto vibrato particolarmente suggestivo.

La vibrazione generata da questo processo in tedesco viene denominata Bebung e non può essere generata in altri cordofoni a tastiera.

Come si suona

Il libro di riferimento per iniziare a utilizzare il clavicordo è intitolato “Libro llmado Arte de Tañer Fantasia”, ed è stato pubblicato nel 1525 da Fray Tomas de Santa Maria. In questo testo vengono spiegati i metodi su come colpire i tasti, mentre nel XV secolo Fray Tomas pubblicò un trattato in cui enunciò le regole per ottenere un’esecuzione ideale, nello specifico il trattato è intitolato “Del modo de herir las teclas”. Il procedimento per suonare questo strumento musicale è diviso in sei regole.

Prima regola: bisogna colpire i tasti con i polpastrelli in modo che le unghie non si poggino su di essi. Allungando le dita bisogna formare una curva aperta e consentire ai polpastrelli di scivolare e di non generare rumori imprevisti.

Seconda regola: ogni musicista deve colpire i tasti del clavicordo in modo rapido e con slancio.

Terza regola: una delle regole più importanti per suonare il clavicordo stabilisce che bisogna colpire i tasti con entrambe le mani alla stessa forza. Così facendo non si presenteranno imperfezioni nel suono e soprattutto nel Bebung.

Quarta regola: nel momento in cui si preme un tasto da vicino, bisogna sollevare il dito di poco, condizione necessaria per non perdere tempo nella riproduzione delle note. Il musicista deve posizionare le dita in modo da colpire sempre perpendicolarmente i tasti, le mani non devono muoversi, colpendo il tasto alla sua estremità.

Quinta regola: una volta premuti i tasti, essi vanno abbassati tutti allo stesso livello, ciò non cambierà i toni del suono.

Sesta regola: bisogna che le dita rimangano sui tasti con una pressione costante per ottenere un tono del suono uniforme.