Ciaramella, un antico strumento musicale

Variante ciaramella - pipita calabrese

La ciaramella è uno strumento che pochi conoscono. Visivamente ricorda un flauto dolce, mentre il suono è perfettamente a metà fra quello di un oboe e il punji, classico strumento indiano che utilizzano i famosi “incantantori di serpenti”.

In effetti ascoltandolo con poca attenzione, si potrebbero immaginare le sue origini fra le terrose strade indiane, ma in realtà chiunque sia stato a Napoli durante il periodo natalizio sa molto bene che questo strumento fa parte della cultura locale in maniera pressoché imprescindibile. Di solito si trovano in coppia con gli “zampognari” che, come fa intuire il nome, suonano la zampogna, altro strumento che si lega a doppio filo alla storia regionale e del Paese intero.

Chiamata anche Pipita, la ciaramella trova ancora il suo uso nelle canzoni popolari campane e, ovviamente, in quelle del resto della penisola. A centro Italia viene chiamata anche “Piffera“, probabilmente perché la forma e il suono ricordano quelli del piffero, di cui la ciaramella è una sorta di sorella. Il nome cambia molto a seconda della zona in cui ci si trova, ma di base tutte le varianti derivano dall’antico latino di “canna”.

Sebbene alla sua nascita lo strumento non fosse assolutamente esclusivo del periodo natalizio, con il tempo la particolarità del suono lo ha “relegato” a strumento pastorale, facendolo diventare lo strumento musicale natalizio per eccellenza, pur continuando a esercitare un certo fascino sul pubblico grazie alla musicalità particolare e al contesto spesso fieristico e festivo in cui veniva utilizzato. Si dice persino che la zampogna, altro strumento indispensabile per creare una fanfara con la ciaramella, sia nata in seguito all’accostamento di due ciaramelle, che nel Medioevo ha visto la giunzione attraverso l’otre per l’aria, insieme ai bordoni. In effetti se si guarda anche al modo in cui viene suonata la zampogna, appare quasi logico intuire che una bocca era in origine una ciaramella dal tono più basso per accompagnamento e l’altra una variante con note più alte, per effettuare performance da solista all’interno delle corti.

Nonostante questo, però, la ciaramella non è quasi mai strumento solista. Esiste una versione, ciaramella doppia, che nonostante le somiglianze con la zampogna permangono nel loro ruolo di strumento integrante la zampogna. Sicuramente dobbiamo parte del fascino natalizio, che ci evocano i suoni provenienti da oggetti con una storia così antica, anche agli artisti che ne hanno “esportato” le novelle festive, proprio in occasioni natalizie.

La storia della Ciaramella si intreccia con quella italiana

La storia della ciaramella non è soltanto antica, ma si intreccia anche a doppio filo con la storia dell’Italia e con le contaminazioni estere. Il ruolo originale di questo strumento era una sorta di soprano delle bombarde, il cui aspetto peraltro ricorda in maniera pressoché inequivocabile la ciaramella. Nelle epoche medievali questa peculiarità veniva espressa dando a questo strumento il ruolo di discantus, soprattutto nelle formazioni musicali come l’Alta Cappella, la cui storia è forse ancora più caratteristica perché altamente variabile a seconda della zona.

A differenza delle bombarde, tuttavia, la pipita o ciaramella non ha la chiave nascosta, particolarità che ne elimina di fatto la possibilità di emettere il suono grave, tipico delle bombarde. La ciaramella ottiene il suo status di strumento “a sé” soltanto intorno al 1600, prima del quale era semplicemente un tipo di bombarda. Sulla diffusione potremmo dire molto, ma in realtà quello che sappiamo è che la particolarità del suono alto è stata apprezzata in tutta Italia soprattutto nelle occasioni natalizie e festive, dove però la ciaramella è stata considerata solo una variante di zampogna, strumento che certamente risale a tempi ancora più antichi e che risulta contemporanea della cornamusa, le cui prime apparizioni riguardano le zone arabe e greche. Tuttavia della ciaramella abbiamo testimonianze visive che ne ritraggono la presenza in diversi contesti anche in epoche davvero remote. Stiamo parlando, quindi, di uno strumento che accompagna la zampogna, come sua variante o come strumento a sé, da ormai millenni.

Se poi si guarda all’interno della cultura napoletana, ovviamente è la ciaramella a diffondere le melodie delle canzoni natalizie più classiche, diventando di fatto uno strumento. In più ogni regione presenta varianti che ne modificano il numero dei fori, la conformazione e il tipo di suono prodotto. Potremmo dire che la ciaramella, nella sua varietà regionale, rappresenta in tutto e per tutto la peculiarità delle zone italiane, che anche a distanze piuttosto ridotte hanno saputo creare ognuna la propria identità, tutt’oggi presente e viva nel folklore cittadino.

Le caratteristiche musicali della Ciaramella

Abbiamo detto più volte che la ciaramella è uno strumento presente in più parti d’Italia, ma presenta forme e caratteristiche leggermente diverse a seconda del luogo in cui viene prodotta.

Di base è uno strumento ad ancia doppia e fa parte della famiglia degli oboi. Non è un caso che al di fuori del Paese (ma anche al suo interno) sia stato definito più volte “oboe pastorale”, in quanto comunque il suono somiglia davvero molto a quello di questo strumento.

La sua costruzione è relativamente semplice: esistono due parti, chiamate campana e fuso, che vengono unite da un tenone filettato, realizzato in modo rigorosamente artigianale. Per l’imboccatura si utilizza una doppia ancia che arriva alle labbra, peculiarità che condivide con molti altri strumenti. Sul fuso sono creati dei fori, divisi in digitali e di accordatura, il cui suono viene reso più potente e chiaro dalla campana. Di solito possiamo contare sette, oppure otto fori, più uno, quello sul retro. Il numero cambia a seconda della regione in cui viene prodotto. Con la versione ad otto fori si riesce a ottenere un suono più alto di una nota, che corrisponde circa a due note sopra un’ottava.

Dal momento che è uno strumento storicamente utilizzato in coppia con la zampogna, la ciaramella in LA o SOL prenderà le caratteristiche della zampogna da accompagnamento (o viceversa), al fine di poter suonare la stessa tonalità in maniera diatonica.
Nella versione del centro Italia invece abbiamo un modello a otto fori più uno, il cui suono è particolarmente chiaro e acuto, tanto da prevalere sulla zampogna per permettere l’esecuzione di tecniche sia in staccato che legato. Nonostante l’aspetto esteriore cambi anche sostanzialmente, queste sono regole rispettate in pressoché tutte le regioni centrali, che trovano una certa differenza rispetto alla ciaramella del sud Italia.

La scelta nelle regioni meridionali ricade, infatti, su un modello a sette fori più uno, in cui la nota più alta è minore rispetto alla variante del centro Italia. Altra differenza è dovuta alla particolare tecnica utilizzata in queste regioni, rappresentata da una sorta di “trillo” realizzato con colpi di lingua in rapida successione. Il timbro è generalmente molto morbido, con un suono decisamente dolce e più moderato rispetto al modello del centro Italia. Proprio per queste caratteristiche, nel duo con la zampogna quest’ultimo strumento riesce a spiccare, dando vita ad alcuni virtuosismi degni di nota, al punto da diventare persino strumento utilizzato da solo o accompagnato da tamburelli o altri ritmati di vario tipo, dove la ciaramella può essere inserita soltanto come variazione ritmica, come ad esempio all’interno delle “fanfare”, caratteristiche del periodo natalizio.

Da menzionare il modello calabrese, che aggiunge una piccola imboccatura iniziale e varia l’aspetto in maniera abbastanza radicale, anche quando priva di modanature.

La ciaramella si suona ancora

La ciaramella rappresenta uno strumento importante sia dal punto di vista sonoro che storico. Nonostante risulti piuttosto semplice da suonare, realizzare le tecniche presenti nelle canzoni popolari regionali è estremamente complesso, per via dei repentini cambi ritmici e dei colpi di lingua necessari a ottenere gli effetti desiderati. Tuttavia, così come per molti altri strumenti, con la pratica è possibile ottenere risultati davvero ottimi e consente di imparare a suonare non solo un oggetto in grado di creare una musicalità unica, ma soprattutto di continuare la tradizione culturale della piffera, o ciaramedda, affinché sia possibile preservare la storia che ci ha portati verso gli strumenti più attuali e innovativi, utilizzati anche nelle orchestre sinfoniche contemporanee.