Storia della chitarra elettrica

Storia della chitarra elettrica

La chitarra elettrica è senza ombra di dubbio tra gli strumenti più noti, popolari ed utilizzati al mondo. Vero e proprio simbolo del blues, del rock e del metal, la chitarra elettrica non deriva come si è spesso portati a credere dal liuto, ma dalla chitarra barocca, uno strumento molto più leggero, largamente diffuso nell’Europa Meridionale e Centrale nel XV secolo.

Prima di addentrarci con più precisione e maggiore calma in quella che è la lunga e interessantissima storia della chitarra elettrica, è doveroso impiegare un paio di righe per le basi, ovvero definire cos’è esattamente e come funziona una chitarra elettrica.

Nella maniera più scientifica e minuziosa possibile, una definizione manualistica della chitarra elettrica è: strumento musicale a 6 corde in cui la vibrazione di queste ultime viene rilevata da uno o più pick-up. Il segnale acustico così generato viene convogliato poi in un amplificatore affinché possa essere udito.
Contrariamente a quello che potrebbe far intendere il suo nome, la chitarra elettrica non è considerato uno strumento elettrofono poiché il suono non viene prodotto per via elettrica o elettronica, mediante una circuteria. L’elemento elettronico della chitarra è riscontrabile infatti solo nel momento dell’amplificazione del suono prodotto dalle corde e poi rilevato, come detto, dai pickup.

Questa caratteristica puramente tecnica fornisce un ottimo assist per iniziare a delineare il percorso storico di questo straordinario strumento. La nascita delle chitarre elettriche deriva proprio dal fatto che, agli inizi del 1900, con la messa in piedi di sempre più numerose orchestre jazz e blues ci si è ben presto resi conto del fatto che le chitarre acustiche “soffrissero” l’acustica superiore degli altri strumenti, dai quali venivano sovrastate. Nel 1931 allora, le intuizioni del geniale liutaio svizzero Adolph Rickenbacker, portarono alla creazione di quella che fu definita la fryin’ pan guitar, la prima chitarra elettrica della storia.
Fu chiamata così per via della sua peculiare forma fisica costituita da un lungo manico e una cassa circolare che nel complesso richiamavano molto le forme delle comuni padelle da cucina. Creata per la musica hawaiana in gran voga in quegli anni negli Stati Uniti, la frying pan guitar riscosse un discreto successo. Il vero e proprio boom della chitarra elettrica arrivò però qualche anno più tardi, nel 1935, quando la Gibson iniziò a produrre l’ES 150, dove il numero indicava il costo complessivo per lo strumento, amplificatore e cavi compresi. Questo strumento riscosse subito un grande successo, soprattutto nelle orchestre jazz e blues, grazie all’influenza di grandissimi interpreti del genere tra cui Eddie Durham e Charlie Christian.

Ovviamente questi primi modelli non erano certo esenti da problemi, anzi. Queste chitarre elettriche, infatti, essendo composte da casse armoniche combinate a pick up presentavano spesso il fastidiosissimo effetto Larsen, per intenderci quel classico fischio che si manifesta quando il microfono è troppo vicino all’altoparlante.
Ad ovviare a questo problema, ci pensò nel 1941 il chitarrista Les Paul che creò un prototipo in grado di limitare l’effetto Larsen, tuttavia, quando lo propose alla Gibson quest’ultima rifiutò l’offerta e non lo produsse.

La svolta definitiva, per la chitarra elettrica e conseguentemente anche per la musica mondiale in generale, è stata data nel 1948 da Leo Fender, il cui cognome se siete appassionati di chitarra non vi dovrebbe suonare del tutto estraneo. Nel 1948 il grandissimo liutaio americano creò infatti l’arcinota Broadcaster, una chitarra costituita da due pick up singol – coil ed il corpo in legno. Inizialmente ideata semplicemente per permettere a Leo Fender di esaltare i propri amplificatori, questa chitarra finì per portare alla perfezione le innovazioni degli anni precedenti (dal già citato Les Paul a Bigsby e Travis, quest’ultimo considerabile come il padre dell’effetto vibrato). Enormi pregi della Broadcaster sono due: la sua estetica, raffinata, iconica, verrebbe da dire quasi leggendaria e la semplificazione estrema dell’assemblaggio della chitarra, elemento che permise un’automazione del processo di produzione senza precedenti, che si tradusse, inevitabilmente, in costi più contenuti e quindi anche prezzi più accessibili, portando quindi la chitarra elettrica alla ribalta del commercio mondiale. Il successo della Broadcaster di Leo Fender è stato così strabiliante che questa chitarra, a distanza di oltre 7 decenni, è ancora in produzione da parte della Fender. Mica male Leo.

Messa alla stretta dal “colpaccio” della Fender, la Gibson decise di ritornare sui suoi passi accettando la proposta di Les Paul per produrre così la Gibson Les Paul, un modello che aveva fatto sue le innovazioni dei già citati Bigsby e Travis con forme però più “accattivanti” e meno spigolose. Negli anni ’50, la battaglia nel mondo delle chitarre non si giocava più solo su acustica, effetti sonori e praticità ma anche e soprattutto sull’estetica. D’altra parte non c’è da stupirsi, un prodotto bello vende e venderà sempre di più di una sua controparte ugualmente efficiente ma bruttina. Ciò non toglie spazio tuttavia alle iniziative innovatrici: la Gibson Les Paul ha infatti l’enorme merito di aver introdotto la possibilità di regolare l’intonazione singolarmente, corda per corda.

Nel 1954 Leo Fender tirò fuori dal cilindro un altro coniglio, probabilmente quello più famoso di tutta la storia delle chitarre elettriche: la Stratocaster. Questa è considerata pressoché all’unanimità LA chitarra elettrica per eccellenza, sia per le sue funzionalità tecniche (maggior numero di pick up e la leva del vibrato) sia per l’incredibile impatto di questo modello nella cultura popolare e nell’immaginario collettivo.
Se doveste chiedere ad un bambino di disegnarvi una chitarra elettrica è altamente probabile che quest’ultimo vi disegni, infatti, proprio una Stratocaster. Per avere un’idea di cosa ha rappresentato e rappresenta tutt’ora la Stratocaster per la musica rock è sufficiente leggere una lista, parziale, dei musicisti che l’hanno utilizzata: Jimi Hendrix (e parlando di chitarre probabilmente ci si potrebbe fermare già qui per sancire la vittoria schiacciante della Stratocaster su qualsiasi altra chitarra), Eric Clapton, John Lennon, Kurt Cobain, Frank Zappa, John Frusciante, Jeff Healey and list goes on and on.

Dagli anni ’50 in poi non ci sono state grosse rivoluzioni e la chitarra elettrica è rimasta sostanzialmente immutata, sulla scia dei meravigliosi modelli ideati nel secondo dopo-guerra da Les Paul e Leo Fender. Squadra che vince non si cambia si suol dire in ambito sportivo e probabilmente è vero anche in questo caso.
Le innovazioni e le ricerche attuali si incentrano principalmente su semplici migliorie tecniche, di funzionamento e di abbattimento dei costi di produzione più che su effettivi stravolgimenti del funzionamento dello strumento. L’unica vera e propria differenza che si può segnalare tra le chitarre elettriche che incendiavano Woodstock e quelle moderne è la presenza di pick-up esafonici e convertitori analogici-digitali derivanti dalla necessità di dialogare con le interfacce digitali.

Per il resto, dunque, la Stratocaster con cui date fastidio a tutto il vostro condominio ogni pomeriggio è quasi in tutto e per tutto identica a quella con cui Jimi Hendrix ha fatto la storia della musica rock.