Shamisen: storia, caratteristiche, suono e come si suona

Heike shamisen - foto KogeJoe

Lo shamisen, anche conosciuto come sangen a tre corde, è un cordofono appartenente alla famiglia del liuto.

Le sue origini sono identificabili nell’Asia occidentale. Alcune fonti storiche indicano come sia stato importato dalla Cina in Giappone. Lo shamisen deriva da un altro strumento asiatico, sempre diffuso in Cina, che era conosciuto con il nome di sangen in giapponese e san xian in cinese ed era molto utilizzato durante il periodo detto Yuan.

Lo strumento originario, il san xian, aveva una cassa armonica rotonda di piccole dimensioni che veniva ricoperta di pelle di serpente. Il manico, particolarmente lungo, racchiudeva tre corde. Il suono era prodotto pizzicando quest’ultime utilizzando le dita. Si usava soprattutto per musica da teatro e per accompagnamenti di balli popolari.

Alla fine del 1300 d.C. il san xian fu esportato nelle isole Ryûkyû, che coincidono con l’attuale Okinawa. Questo regno aveva una forte tradizione musicale, sia in corte che nella cultura popolare. In questo contesto, il san xian veniva conosciuto come sanshin, pur mantenendo intatte le sue caratteristiche.

In tale periodo, lo strumento ebbe molta popolarità nella musica dotta di corte e, nel contempo, in quella popolare. Da qui nasce una tradizione musicale che si è tramandata fino ai nostri giorni.

Al termine del periodo Muormachi, il sanshin arrivò anche in Giappone. Qui, inizialmente, prese il nome di jabisen, che significava strumento a corde in pelle di serpente. Alcune modifiche sullo strumento portarono al cambio di nome che divenne, quindi, shamisen.

I due strumenti, shamisen e sanshin, presentano delle evidenti differenze. Innanzitutto, a cambiare è la forma. Lo strumento giapponese, infatti, ha una cassa armonica quadrata. Differenti sono anche le dimensioni, con lo shamisen che si presenta molto più grande.

Le pelli utilizzate per la copertura delle casse armoniche non coincidono. Nel sanshin veniva usata quella di serpente, mentre nello shamisen la pelle di cane o di gatto. Infine, anche il modo in cui gli strumenti venivano suonati differisce. Per il sanshin si utilizzava un plettro di piccole dimensioni realizzato in corno di bufalo, per il samishen un plettro in legno detto bachi. Si pensa che quest’ultimo fu introdotto per analogia con il biwa. Infatti, è probabile che i primissimi musicisti a suonare lo shamisen siano stati proprio i suonatori di biwa, conosciuti come musicisti itineranti. Anche per tale collegamento, è plausibile che sia stato introdotto nello shamisen quel preciso strumento per generare il sawari, peculiarità acustica tipica pure del biwa e che, invece, non è presente nel sanshin.

Nonostante l’orgine giapponese e l’epoca tarda in cui si è diffuso, lo shamisen ha riscosso moltissimo successo nella musica classica e in quella popolare. Oggi, possiamo considerarlo lo strumento più noto e importante della tradizione musicale giapponese.

In particolare, svolge un ruolo determinante nei seguenti stili: jôruri, il nagauta ed il jiuta.


Shamisen: caratteristiche principali dello strumento giapponese

Lo shamisen è formato da una cassa armonica di forma quadrata che presenta una fascia di legno coperta, da tutti e due i lati, da pelle di cane o gatto. Il manico è di forma allungata e sottile e attraversa tutta la cassa, uscendo dalla parte opposta. Su questa estremità vengono legate le tre corde, realizzate in seta. Quest’ultime passano sul ponticello che si poggia sulla parte bassa della cassa armonica. Un secondo ponticello, invece, si trova sulla parte più alta del manico, dove troviamo anche tre piroli che consentono di effettuare l’accordatura.

Lo shamisen ha una lunghezza complessiva che va dai 95 ai 100 centimetri. La corda più bassa è poggiata su una piccola tacca che si trova accanto al capotasto e passa oltre una protuberanza del manico che viene chiamata sawari no yama. Grazie a questo particolare dispositivo si genera un suono conosciuto come sawari, dall’effetto ronzante. Questa è una delle caratteristiche timbriche più importanti di questo strumento e il suono viene emesso nel momento in cui la corda viene lasciata vuota. È possibile emettere il suono sia in modo diretto facendo suonare la corda, sia quando quest’ultima vibra per un fenomeno acustico specifico chiamato risonanza (anche se l’intensità del suono sarà, in questo caso, minore).

Per poter suonare lo shamisen serve un grande plettro realizzato in legno che viene chiamato bachi. Chi suona siede in una posizione specifica, detta seiza, e stringe lo strumento diagonalmente, poggiando la cassa armonica sulla gamba destra.

Le diverse tipologie di shamisen

Lo shamisen ha subito delle modifiche che variano in base al tipo di genere musicale in cui viene utilizzato. Le diverse tipologie di questo strumento possono essere suddivise in tre gruppi principali:

  • futozao, strumento che presenta un manico di maggiore spessore e in grado di generare un suono di intensità più forte;
  • hosozao, caratterizzato da un manico meno spesso e dal timbro molto delicato. È diffuso anche un hosozao con manico più corto, di circa 82 centimetri, che prende il nome di tanzao;
  • chûzao, tipologia che si pone tra le due precedentemente descritte.

Accordatura dello shamisen

L’accordatura dello shamisen prevede tre differenti metodi. Il primo è l’honchôshi, ovvero quarta più quinta. È quella che viene definita accordatura fondamentale. La seconda corda dello strumento viene accordata a un intervallo di quarta giusta rispetto alla prima, invece la terza corda su un intervallo di quinta giusto rispetto alla seconda.

Il secondo metodo di accordatura è detto niagari, una quinta più quarta. Viene detta seconda alzata. Tra la prima e la seconda corda abbiamo, in questo caso, un intervallo di quinta giusta. Tra la seconda e la terza corda c’è un intervallo di quarta giusta.

Infine, il sansagari (quarta più quinta) o accordatura di terza abbassata. Entrambi gli intervalli, prima e seconda e seconda e terza corda, sono di quarta giusta.

Dobbiamo precisare che, rispetto alla biwa, queste accordature presentano un’intonazione relativa, ovvero l’altezza assoluta delle corde varia in base alla scelta del musicista.

Shamisen girks Ki&Ki – video di shamisen in tokio

Gli stili principali, il suono e come si suona lo shamisen

Nel 1500 d.C. in Giappone erano diffusi solamente due stili per suonare lo shamisen: kouta, che veniva utilizzato principalmente per le canzoni di breve durata, e nagauta, tipico dei brani più lunghi.

Oggi, invece, esistono altre tipologie di stile per suonarlo. Il primo è l’Uta-mono, ovvero la canzone. Questo genere è più che altro un accompagnamento musicale. Abbiamo poi un altro stile, il Katari-mono, tra i più tradizionali nella cultura del Giappone, che è accompagnato da precisi canti. Il terzo stile, invece, è il minieu, esempio di canzone popolare.

Per quanto riguarda il suono, invece, lo shamisen ha un uso specifico: viene spesso utilizzato per apportare miglioramenti al suono principale di film giapponesi.

La tecnica per suonare questo strumento musicale giapponese merita un approfondimento. Infatti, in un primo tempo lo shamisen veniva suonato dai musicisti tramite l’utilizzo di uno yubikake, cioè un plettro di piccole dimensioni. Questo non ha consentito di sfruttare al massimo tutte le potenzialità di questo strumento.

Con il passare degli anni, però, si è iniziato a utilizzare il plettro bachi, dando la possibilità a chi lo suonava di esaltare le sonorità acustiche dello shamisen. Infatti, usare questa diversa tipologia di plettro ha consentito di sfruttare le caratteristiche timbriche di questo strumento.

Per suonare lo shamisen con il plettro bachi, quest’ultimo deve essere tenuto con la mano destra e il suono delle corde, se richiesto, può essere ridotto grazie all’utilizzo di tre dita della mano sinistra che poggiano sulla tastiera.

Tra le tecniche più note per poter suonare questo strumento della tradizione culturale giapponese c’è il colpo di plettro sulla membrana e sulla corda. Questo tipo di azione avviene nello stesso momento.

Il plettro non è l’unico elemento che caratterizza il timbro dello strumento. Il suono è determinato dallo spessore delle corde, il collo, la membrana e altre parti. Naturalmente, anche la mano del musicista ha un ruolo determinante. Infatti, se le corde vengono pizzicate con la mano sinistra, il suono risulterà più delicato e dolce.

Il timbro è modificabile in altri modi. Uno di questi è la modifica della lunghezza delle corde, del plettro e del manico. Oltre a questi, possono essere cambiate altre caratteristiche, come il peso, le dimensioni, lo spessore e i materiali dello shamisen.

La possibilità di cambiare la qualità del timbro è una delle particolarità che contraddistingue questo strumento musicale da altri simili.