L’ocarina, storia e caratteristiche

Ocarina

L’ocarina è uno strumento musicale a fiato, realizzato prevalentemente in terracotta, originario della nostra Penisola. Si tratta di uno strumento aerofono, in cui è la vibrazione dell’aria a generare il suono. Strumenti del genere sono diffusi in tante altre parti del mondo fin dalla più remota antichità, con un aspetto esteriore differente ma identico principio di funzionamento, e sono denominati anche arghilofoni, in quanto venivano spesso realizzati in argilla.

L’ocarina, con la sua tipica forma globulare, produce un suono molto affascinante non troppo acuto o grave, in grado di suggerire atmosfere tra l’onirico e il fantastico, tanto da essere utilizzata spesso per ambientazioni in chiave fantasy di videogiochi, in cartoni animati e colonne sonore di serie tv e film. Infatti, il Maestro Ennio Morricone ha utilizzato l’ocarina nelle musiche di alcune pellicole girate da Sergio Leone e – in una sequenza del celebre “Novecento” – anche il grande Bertolucci gira una scena in cui un gruppo di braccianti agricoli suona questo particolare strumento. E come non citare la celeberrima serie di cartoni animati “Capitan Harlock”, in cui la co-protagonista è attaccatissima alla propria ocarina, con cui si diletta spesso in ogni puntata.

Nella musica moderna l’ocarina ha ottenuto un successo non indifferente, in virtù della sua sonorità originale e inconfondibile. Dal Fabrizio De André di “Un Giudice“, ai Duran Duran, dal celebre Bing Crosby, fino ad alcune composizioni di Janáček e Liget.

Adesso iniziamo questo breve viaggio per conoscere meglio l’ocarina, la sua storia e le sue caratteristiche.

La storia

L’ocarina appartiene a una famiglia di strumenti antichissima, le cui origini vengono datate a oltre 10.000 anni fa. Aerofoni con lo stesso principio di funzionamento sono stati rinvenuti in varie parti del mondo, anche se con fogge differenti, dalla Cina al Sud America, ove erano utilizzati dalle civiltà Maya e Inca.

L’ocarina più utilizzata nel mondo, quella con la forma che tutti conosciamo, è originaria dell’Italia ed è stata realizzata per la prima volta, a metà del 1800 a Budrio, in provincia di Bologna, dall’artigiano Giuseppe Donati. La sua geniale intuizione fu quella di elevare l’ocarina da giocattolo o poco più, a vero e proprio strumento musicale, realizzandone una gamma di svariate dimensioni e – soprattutto – intonate tra loro. Nacquero così, su pionieristica intuizione dello stesso Donati, i primi ensemble per ocarine, che ottenendo un grande successo, contribuiscono (grazie alle numerose tournée in giro per tutta l’Europa) alla diffusione di questo strumento. Oggi l’ocarina, oltre a far parte di numerosi gruppi folkloristici italiani, austriaci, tirolesi e bavaresi, è diffusa in ogni angolo del globo, dal Giappone agli Stati Uniti, dall’Ungheria al Perù.

Come è fatta l’ocarina

L’ocarina è uno strumento dal funzionamento simile a quello di un flauto, ma che – a differenza di questo – ha una forma arrotondata, ovoidale e chiusa, invece che cilindrica e aperta. A dispetto della tradizione che vuole l’ocarina rigorosamente realizzata in terracotta, oggi è possibile trovare una gamma di materiali veramente ampia, con modelli dotati di un numero di fori molto differente. Le ocarine possono essere in porcellana, terracotta, ceramica, legno, plastica o addirittura in metallo; naturalmente, i diversi tipi di materiale influiscono in maniera sensibile sulle caratteristiche del suono.

Attualmente, a fianco delle classiche ocarine che tutti conosciamo, esistono modelli dalle forme più o meno differenti, connotate da una maggiore lunghezza o rotondità. Non si tratta solamente di scelte estetiche, ma del tipo di camera interna che lo strumento adotta. Ci sono infatti ocarine a singola, doppia o anche tripla camera, ognuna di queste accordate in maniera differente, che consentono al musicista di ottenere un maggior numero di note dal proprio strumento. Il numero dei fori sull’ocarina è determinante ai fini dell’estensione raggiungibile da questi aerofoni.

I modelli più semplici, quelli a quattro fori, coprono normalmente una sesta maggiore; la variante inglese, sempre a quattro fori, riesce a coprire un’intera ottava. L’ocarina tradizionale di Budrio, può avere 10 o 12 fori, che consentono allo strumento di coprire un’estensione rispettivamente di un’undicesima o una tredicesima. Il modello a 12 fori, denominato “Alto C” è quello in assoluto più versatile e diffuso, in quanto consente di ottenere il giusto compromesso tra semplicità di utilizzo ed estensione ottenibile, con note che spaziano dal La4 a Fa6, compresi i diesis e bemolle.

Le ocarine dritte o lineari, sono molto simili al flauto e utilizzano 10 fori, con una estensione simile a quelle tradizionali di Budrio, ma sono più semplici da suonare. Le ocarine doppie o triple, riescono a raggiungere estensioni vicine alle tre ottave, permettendo anche l’esecuzione di melodie polifoniche.

L’ocarina si può scegliere in differenti tonalità; le più diffuse sono in Do maggiore, Re maggiore, Fa maggiore e Sol maggiore. Esistono anche ocarine “basso“, ideali per l’accompagnamento, mentre quelle più piccole, dal suono acuto, sono maggiormente adatte a suonare le melodie.

Come funziona l’ocarina

A differenza del flauto, con cui – ribadiamo – ha molti elementi in comune, l’ocarina possiede una camera di risonanza che non è cilindrica e aperta, ma globulare e chiusa. Quindi l’intera quantità di aria contenuta nella camera vibra, risuona e produce il caratteristico suono privo di armonici tipico dell’ocarina.

L’intonazione dello strumento dipende dal rapporto tra il numero e la dimensione dei fori aperti e il volume dell’ocarina stessa. Più fori risulteranno aperti, maggiore sarà la frequenza acuta della nota emessa e viceversa.

Quando si soffia nell’imboccatura dello strumento, il getto d’aria arriva contro il labium, cioè quella parte meccanica che, con la sua vibrazione, consente al soffio di produrre il suono. Una parte dell’aria immessa nello strumento giunge alla camera di risonanza, provocando – all’interno di questa – un aumento di pressione. Quando questa pressione arriva a eguagliare la pressione del flusso emesso dal musicista, l’aria si indirizza verso l’esterno dato che – essendo la camera di risonanza chiusa – lo strumento non può accogliere altra aria al proprio interno.

Per comprendere in maniera più dettagliata e scientifica le regole che disciplinano il funzionamento degli strumenti come l’ocarina, può essere opportuno approfondire il principio della risonanza di Helmholtz che si applica ai risuonatori come i tubi sonori chiusi.

Come si suona l’ocarina

Suonare l’ocarina, in linea di massima, è molto simile a suonare il flauto dolce. Per selezionare le note si agisce chiudendo o lasciando aperti dei fori, anche se la diteggiatura è alquanto differente, come pure la posizione delle mani.

L’ocarina va impugnata posizionando verso la bocca e il basso, il lato con i tre fori; di questi, due andranno chiusi e aperti mediante i pollici, il terzo, detto foro di risonanza, non va utilizzato. Sul lato superiore su utilizzano tutte le dita, mignoli compresi, agendo sui fori che – come visto in precedenza – possono essere in numero variabile.

A questo punto si può iniziare a soffiare, avendo cura di chiudere sempre molto bene ogni singolo foro utilizzato e gestendo la quantità d’aria e la forza con cui la si emette. Bisogna ricordare, infatti, che per ottenere le note alte si dovrà soffiare più forte, per quelle gravi, più piano. La difficoltà maggiore nel suonare l’ocarina consiste nel riuscire a gestire la forza del soffio in modo da ottenere la migliore intonazione. È molto facile essere calanti sulle note gravi e provocare l’effetto opposto su quelle acute.

L’ocarina, dalla tradizione alla musica moderna

L’ocarina è uno strumento affascinante, dal suono dolce e ipnotico. Di ridotte dimensioni, è facilmente trasportabile, bisognoso di poca manutenzione e – a meno di non rivolgersi a prodotti artigianali di eccezionale fattura – anche abbastanza economico.
L’ocarina è relativamente semplice da suonare e aggiunge un tocco di originalità in ogni tipologia di esecuzione essendo, soprattutto nelle versioni intermedie accordate in Do centrale, molto versatile.
Uno strumento dalle origini antichissime, sviluppato in Italia nella sua forma odierna e più diffusa nel mondo, molto presente nella nostra tradizione e nella musica popolare, folk e cantautorale.