Celesta: storia, caratteristiche e suono

Celesta - Foto Museumsinsulaner - Schiedmayer Pianofortefabrik, Stuttgart 1920 Musikinstrumentenmuseum Berlin, Kat.-Nr. 1592

La celesta, nota anche come celestino o celeste, appartiene alla famiglia degli strumenti musicali idiofoni a percussione diretta. Questi strumenti sono molto particolari perché, per via della loro conformazione, sono in grado di produrre il suono in maniera diretta senza avere alcuna parte in tensione.

Simile al pianoforte nell’aspetto estetico la celesta possiede alcune lamette di metallo che vengono picchiate da piccoli martelletti all’interno del corpo principale, dando vita a melodie che hanno la peculiarità di essere dolci e prive di armonici.

Anche per complessità di esecuzione, la celesta è considerata simile al pianoforte. In realtà, la storia dello strumento è travagliata ma la sua presenza è nota già in antichità ed è comunque molto apprezzata nelle orchestre oppure composizioni di alto livello. Non a caso, alcuni degli artisti musicali più famosi del ‘900 la utilizzarono con soddisfazione per realizzare creazioni immortali e studiate nei conservatori di musica.

La storia della celesta dalle origini fino ad oggi

Dietro la celesta si nasconde una storia che, a tratti, ha quasi dell’onirico e la sua creazione si fonde fra realtà e fantasia di cui lo strumento è espressione concreta con il suo suono particolarmente orecchiabile. La prima datazione certa è del 1886 a opera di August Mustel, un costruttore francese – parigino per la precisione – che la realizzò partendo sulla base di un prototipo realizzato dal padre per un utilizzo esclusivamente privato. Dopo anni di ingegnerizzazione e di studio, la prima versione della celesta venne chiamata dulcitone e presentata al pubblico appassionato di lirica e opera musicale. Questo modello specifico aveva dei diapason che, percossi da martelletti azionati da una tastiera, picchiavano su piccole lamelle di metallo e davano vita al suo suono morbido e angelico.

Dopo un paio di anni di utilizzo prettamente locale, lo strumento ebbe la sua grande occasione di farsi conoscere dal pubblico in maniera del tutto casuale e quasi inaspettata. In particolare, il famoso Tchaikovsky, in visita a Parigi duranti gli anni di composizione dello Schiaccianoci, ne ascoltò il suono e ne rimase estasiato. Per utilizzarla senza che altri musicisti ne scoprissero la potenzialità, se ne fece spedire una in gran segreto direttamente a San Pietroburgo, rivelandola al mondo solamente durante la prima dell’opera succitata nel dicembre 1892 al Teatro Mariinsky. Il brano più celebre di questo balletto è sicuramente la Danza della fata confetto.

Nella parte finale del video la Danza della Fata Confetto di Tchaikovsky – toronto Symphony orchestra

In seguito al successo dell’opera, la celesta cominciò a diffondersi a macchia d’olio fra i compositori famosi e meno noti dell’epoca, ritagliandosi con facilità un posto sempre più importante all’interno di opere più o meno complesse. Sebbene si possa credere che questo sia uno strumento di musica classica, la sua duttilità fa sì che venga studiata e utilizzata anche oggi in generi inaspettati. In particolare, Frank Sinatra la impiegò per alcuni brani – fra cui la bellissima I’ll never smile Again – passando in seguito per i Velvet Underground, i Beatles, Pink Floyd e i Beach boys.

L’ultimo compositore noto a utilizzare la celesta in opere moderne è John Williams, passato alla fama per la composizione del tema principale della saga cinematografica di Harry Potter, sfruttandola per almeno una colonna sonora di ogni film. L’utilizzo contemporaneo della celesta non ha mutato il suo funzionamento meccanico, che rimane ancora ancorato ai principi che la videro suonare le prime note nel 1886 nella piccola bottega parigina.

Com’è fatta la celesta: la meccanica del suono

Per quanto riguarda il suo aspetto estetico, la celesta è simile a un pianoforte, sebbene con dimensioni molto ridotte e con struttura verticale pensata essenzialmente per contenere il suo meccanismo e favorirne l’adagio a muro. La tastiera che aziona i tasti è pensata per dare vita ad una estensione del suono con note dal Do3 al Do7, ma esistono alcune varianti con scale differenti sebbene siano molto rare e realizzate per scopi specifici, come ad esempio composizioni liriche e operistiche di alto livello musicale.

Premendo un tasto, questo permette il movimento dei martelletti inseriti all’interno del corpo dello strumento che battono su lastre d’acciaio, intonate con semitoni. La cassa di risonanza è fissata dietro a ognuno di questi. A volte, la celesta può essere dotata anche di pedali che svolgono la stessa funzione dei tasti oppure permettono di creare combinazioni melodiche più difficili da eseguire.

La sonorità della celesta è particolare e difficile da raggiungere per altri strumenti musicali, anche quelli dello stesso tipo. É possibile descrivere le note emesse come chiare e vaporose, a tratti ovattate, che richiamano i campanelli. Queste sue caratteristiche, stranamente, non le hanno aperto le porte della musica da chiesa, ma nonostante ciò viene utilizzata anche durante le celebrazioni eucaristiche. La notazione della celesta avviene in chiave di pianoforte e il suono è un’ottava più bassa rispetto a quella realmente prodotta.

Una particolarità dello strumento è che viene classificato anche come metallofono perché le lamelle che vengono azionate dai tasti sono di metallo, mentre altri strumenti musicali della stessa categoria come lo xilofono fanno invece uso delle lamelle in legno per dare vita al suono.

Come si suona la celesta

Suonare la celesta richiede uno studio uguale a quanto bisogna fare con il pianoforte, a prescindere che siano presenti o meno anche i pedali. Il numero di tasti è inferiore ma non cambia la maestria e la dedizione da impiegare nello studio, soprattutto per quanto riguarda l’agilità con le mani e la coordinazione fra destra e sinistra.

Per eseguire correttamente ogni tipologia di melodia bisogna sedersi di fronte allo strumento e posizionare le mani sulla tastiera. La sinistra è quella che si occupa di premere la nota fondamentale di ogni accordo, mentre la destra termina le scale. Prima di ogni sessione di celesta, a prescindere che si stiano eseguendo sintonie per lo studio dello strumento o veri e propri brani, bisogna fare un approfondito stretching per le dita che le riscaldi.

Utilizzi della celesta nei diversi generi musicali

Le peculiarità dello strumento e il suo suono hanno reso possibile impiegarla in contesti diversi con grandi risultati. Non solo musica classica, dunque, ma anche opera, orchestra, rock e jazz.

Celesta e orchestra

L’esordio dello strumento in maniera pubblica risale, naturalmente, alle grandi orchestre del ‘900, luogo dove ancora oggi viene utilizzata e apprezzata. Fra i musicisti più famosi ad averla impiegata è possibile trovare Respighi, nelle Fontane di Roma.

La celesta nell’opera

Nell’opera, l’impiego della celesta a fare da accompagnamento musicale è sostanzialmente tutto italiano o per lo meno in gran parte. Famosa la Tosca di Puccini del ‘900 e il Flauto Magico di Mozart, dove addirittura viene utilizzata per sostituire la ben più complessa glockenspiel data l’affinità con il suono.

Rock e jazz: l’impiego della celesta

Nel rock e nel jazz lo strumento fece breccia in moltissime opere, soprattutto natalizie o in brani dal sapore volutamente classicista. Probabilmente, questa derivazione è anche relativa alla prima comparsa nel capolavoro Lo Schiaccianoci.