Basso elettrico: caratteristiche, suono e prezzi

Bassista suona il basso elettrico tipo Fender Precision

Il basso elettrico detto anche chitarra basso elettrica, è uno strumento legato a doppio filo alla musica contemporanea, rappresenta la pulsazione più profonda, la vibrazione che coinvolge l’ascoltatore e gli altri musicisti, dando forma e plasticità al groove di una esecuzione.

Strumento sinuoso e dolcissimo, grintoso e cattivo quando occorre, rappresenta l’altra metà della sezione ritmica insieme alla batteria, e costituisce la base su cui poggia l’intera architettura della canzone e della musica moderna.

Uno strumento che sarebbe riduttivo definire solo d’accompagnamento, visto che ha conquistato una sua dignità solistica, grazie all’apporto fondamentale di alcuni musicisti geniali e creativi che – negli anni – ne hanno riscritto i codici apportando numerose evoluzioni alla tecnica e alle modalità espressive.

La storia e le origini del basso elettrico

Il basso elettrico deriva ovviamente dal suo progenitore acustico e dal contrabbasso. Esso nasce con il mutare delle esigenze di volume, dinamiche e libertà di esecuzione venutesi a creare con l’avvento delle maggiori potenze espresse dagli ensemble elettrici e dallo sviluppo di nuovi generi musicali. Il primogenito dei bassi elettrici con la stessa accordatura del contrabbasso (Mi-La-Re-Sol) nasce nel 1935 a Seattle, grazie all’ingegno di Paul Tutmarc, che realizza pochissimi esemplari del suo Audiovox Model 736.

Bisognerà attendere il 1951 e il genio imprenditoriale e musicale del grande Leo Fender per inaugurare la produzione di serie del mitico Fender Precision Bass, con un pick-up single coil (cioè con una sola bobina di rame) e con il manico fornito di 21 tasti, che finalmente consentivano una maggiore precisione d’intonazione rispetto al contrabbasso.

Pochi anni più tardi la Danelectro, seguendo le orme del pioniere Fender, immette in serie sul mercato gli UB-1 e UB-2, bassi elettrici dotati di sei corde e 24 tasti. In realtà non erano dei veri e propri bassi ma piuttosto delle chitarre baritono.

Con l’adozione del pick-up split coil (nato dall’unione di due single coil) e conseguente riduzione del rumore di fondo, il Fender Precision diventa in assoluto il basso elettrico di riferimento, prodotto ancora oggi e seguito, nel 1960, dall’avvento del Fender Jazz Bass.

Per la prima grande innovazione dello strumento bisognerà attendere il 1976, data in cui la Music Man dota il basso elettrico Stingray di equalizzazione attiva, cioè della possibilità, tramite un circuito elettronico alimentato da batterie, di aumentare o diminuire il livello delle frequenze anche fino a 20 db, prima ancora di arrivare all’amplificatore.

Lo sviluppo dello strumento non conosce soste e – nel 1979 – Ned Steinberger produce il primo basso senza paletta, con le chiavi per l’accordatura fissate direttamente al ponte.
Nel frattempo lo spettro sonoro si era già notevolmente ampliato con l’introduzione di bassi a 5 corde, con l’aggiunta di un Si basso, e a 6 corde con un ulteriore Si alto sopra il sol.

Com’è fatto il basso elettrico

Le parti principali che compongono un basso elettrico sono: la cassa (body), il manico (neck), la tastiera (fretboard), la paletta (headstock) su cui sono montate le meccaniche, i pickups, il ponte e le corde.

La cassa o body, come suggerisce il termine inglese, è il vero e proprio corpo del basso elettrico ed è normalmente realizzato in legno massiccio, a strati o in un blocco unico, utilizzando mogano, tiglio, acero e ontano: è la parte su cui poggia il braccio del musicista. La qualità del legno impiegato, la tipologia dell’innesto del manico, possono avere una sensibile influenza sulla qualità sonora; la forma e la tipologia di rifinitura, lucida, opaca, satinata o trasparente con le venature ben evidenziate, sovente vengono influenzate dalle mode del momento.
Sul mercato esistono anche bassi elettrici con la cassa in legno cavo, adatti a generi di nicchia e prodotti in pochi esemplari.

Il manico, generalmente in legno d’acero, è di norma realizzato in più strati, fino a nove, per trasmettere meglio le vibrazioni alla cassa e mantenere stabilmente l’intonazione:
può essere avvitato, incollato o addirittura inserito nella cassa prolungandosi fino alla fine dello strumento; praticamente un pezzo unico con il corpo, inoltre contiene al proprio interno una barra metallica che – azionata da una vite – consente di agire sulla curvatura del manico stesso.

La tastiera è normalmente incollata al manico e – come in tutti gli strumenti a corda – è la tavola di legno, normalmente in acero, ebano o palissandro, su cui premendo le corde si varia l’intonazione della nota prodotta. Alcuni costruttori, sulla scia di Steinberger, realizzano tastiere in particolari resine sintetiche.
La tastiera presenta un numero di tasti che nel basso elettrico ammonta a 21 o in alcuni modelli a 24; si tratta di barrette metalliche posizionate perpendicolarmente rispetto alle corde e inserite nella tastiera stessa.
Per ottenere sonorità simili a quelle di un contrabbasso elettrificato, bassisti molto esperti, soprattutto in ambito jazz o fusion, utilizzano bassi elettrici fretless caratterizzati dalla mancanza dei tasti. In questo caso la nota desiderata si ottiene spostando il punto in cui la corda viene premuta sulla tastiera, senza riferimenti tattili o visivi.

La paletta è posizionata alla fine del manico e ospita le meccaniche necessarie a fissare un capo delle corde e permetterne l’accordatura: viene utilizzato anche per apporre il marchio e il modello dello strumento.

I pick-up, che in italiano venivano definiti magneti, rilevano le vibrazioni delle corde, le trasformano in impulsi elettrici e le inviano attraverso il cavo all’amplificatore esterno.
Come già spiegato, i pick-up possono essere a bobina singola o doppia, ma anche piezoelettrici, ceramici o di tipologie differenti. Nel caso dei pick-up passivi il segnale e le sue caratteristiche dipendono dalla costituzione della bobina, in quelli attivi, alimentati da batterie, invece viene preamplificato tramite un circuito posizionato all’interno del pick-up stesso.

Il ponte è una struttura molto importante poiché influisce molto sulla qualità del suono, tanto che i bassisti molto spesso ne sperimentano tipologie differenti da quelle montate di serie sui propri strumenti, per poterne personalizzare il timbro. Il ponte viene fissato sul fronte della cassa e utilizzato per ancorare le corde; a volte monta anche un pick-up piezoelettrico.

Le corde del basso elettrico sono prevalentemente realizzate in acciaio, in rari casi ricoperte da uno strato di materiale sintetico. Il loro spessore le colloca nell’ottava desiderata mentre la tipologia del rivestimento che le avvolge, ne determina la consistenza tattile che può essere ruvida, semi-liscia o liscia. Come già spiegato, alle tradizionali quattro corde accordate come nel contrabbasso, cioè (dalla più acuta) Sol, Re, La, Mi, si è passati alla diffusione sempre crescente di bassi a 5 e 6 corde. Oggi si trovano in commercio bassi anche a 8 o più corde, singole o doppiate (come nelle chitarre a 12 corde) in grado di assolvere qualunque esigenza sonora.


Come si suona il basso elettrico

Il basso elettrico appartiene alla famiglia dei cordofoni a pizzico, quindi, il modo più tradizionale per suonarlo consiste nel toccare con le dita le corde, una via di mezzo tra il pizzicarle e il percuoterle, all’altezza circa dei pick-up, utilizzando generalmente indice, medio e anulare della mano destra (per i mancini, ovviamente si inverte…); in tanti poggiano il pollice sul pick-up stesso. L’avambraccio poggia invece sulla cassa.

La mano sinistra, agendo sulla tastiera preme le corde in corrispondenza dei tasti utili a ottenere la nota desiderata.

Alcuni bassisti suonano solo con le dita, altri con il plettro o alternando l’uso di dita e plettro a seconda del suono desiderato e soprattutto della dinamica che si vuole ottenere.

Quanto costa un basso elettrico

Naturalmente, come per ogni strumento musicale, i prezzi possono variare in modo notevole. Si parte dalle poche centinaia di euro necessarie per acquistare un basso che consenta di iniziare a suonare e studiare in modo decoroso, senza trovarsi tra le mani un prodotto scadente, con difetti, vibrazioni strane, fino ad arrivare a svariate migliaia di euro per un prodotto di altissimo livello, destinato ad una utenza esperta o professionale.

Per quanto riguarda il primo basso è fondamentale non scendere sotto una scelta soglia di prezzo, un basso insuonabile rischierà di farvi allontanare da questo strumento.

Un accenno ai grandi bassisti della storia

Sono tanti i bassisti che hanno scritto la storia di questo strumento, dai mostri di tecnica a quelli che lo hanno interpretato in chiavi inedite e innovative. Dalle grandi rockstar dotate di carisma e suono potente, agli apostoli del basso profondissimo e ipnotico del reggae, dai virtuosi a cinque o sei corde della fusion, agli idoli del funk.
Impossibile non citare Sir Paul McCartney, bassista e cantante dei The Beatles che ha aperto nuove frontiere grazie al sound del suo Hofner, o il maestoso e possente basso dei Pink Floyd suonato da Roger Waters. Sul trono mediatico di tutti i tempi, l’inarrivabile Jaco Pastorius, colui che ha trasformato il basso elettrico in strumento solista, la prima grande star di questo strumento o – esempio di tecnica stupefacente dei nostri giorni – John Myung.

Robbie Shakespeare e Aston “Family Man” Barrett sono stati i profeti del basso reggae; il primo incidendo migliaia di album da turnista, il secondo, legando indissolubilmente il suo nome a Bob Marley. Un genere che ha fatto del basso elettrico la colonna portante è sicuramente il funk: qui vanno riconosciuti i talenti di Larry Graham, inventore dello slap, tecnica celeberrima, Marcus Miller e Stanley Clarke.
Si potrebbe andare avanti per ore, non c’è limite alla passione per la buona musica. Ognuno scoprirà i propri bassisti del cuore anche in virtù del genere amato e maggiormente seguito.